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04-09-2016, Ricordi sul campo

Ho meno di sei anni. Provo a dare un calcio al pallone ⚽ ma gratto il piede sull'asfalto.
Imbranato. l'unghia del pollice saltò via e mia madre mi medicò ordinandomi di smettere. Mio padre mi raccontò di Taffarel ( il portiere del Brasile) e le lacrime lasciarono lo spazio allo stupore.

Gli amici del parco, le partite a 'cannole',
il campo 'a banana',
la tedesca e l'americana.

A sette anni il mio primo torneo: dipinsi i numeri sulle maglie con la vernice spray per auto. Non fu una buona idea...

Ho poco più di otto anni. Il sole è forte.
L'ingresso del campo di gioco è un tunnel di erba rampicante. Il caldo mi fa sudare e la sabbia mi si incolla alle gambe; posso sentire ogni singolo granello aggrapparsi alla mia pelle.

A nove anni feci la mia prima sforbiciata; Non so da chi copiai il movimento.
Ci sono momenti in cui il pallone arriva all'altezza e alla velocità giusta, poi smetti di pensare e ti annulli, sparisci, muori… fino a quando il piede colpisce il pallone.
Sono un fifone, ma in quei momenti non si ha il tempo di pensare a nulla e il livello dell'adrenalina si impenna in pochi istanti.

Sul campo a sette. Il terreno e i tacchetti. Dov'è il mio fiato?

Ho sedici anni ed il ruolo del portiere mi impegna: vincere la timidezza e mostrare coraggio.
Credo che per sapere parare bisogna sicuramente avere gli occhi aperti e non pensare... Lasciare che l'istinto muova il corpo.
La tecnica? Serve: Non basta intuire la traiettoria se sei sbilanciato, o lontano, o se i muscoli delle gambe non possono spingere sulle punte dei piedi.
Una squadra in cui giocare, un preparatore tecnico che crede in me, i compagni di squadra, la rivalità tra i pali.
Il debutto nelle partite di allenamento della serie dilettantistica. I tornei under-diciotto. Mio padre che assiste ai miei allenamenti. Felicità.

Ho diciotto anni. Sono giorni che al tramonto entriamo sul campo di calcio a 11 della squadra di paese passando attraverso il buco di una recinzione. Le partite ai giardini comunali.

Ho diciannove anni e sono piegato su me stesso. Non sento i colpi ma solo il suono cavo del mio torace. Colpevole di avere cercato e trovato il pareggio.

Quanto ho sacrificato al Dio del calcio nei primi venti anni di vita?
Un pollice, il naso, la pelle delle ginocchia.. ma l'orgoglio no.

Smetto. Mi alleno...a Salerno, a Roma, a Genova, a Torino.

Ho trentatré anni. Indosso dei guanti piccoli. Il fisico risente troppo delle cadute: non sono 'morbido' come una volta...ma vedo i miei errori ora che non ho fretta. Ho imparato dalle arti marziali il coraggio di esporre un punto debole... se in due si pongono davanti alla porta e sei solo, puoi decidere di attendere l'errore oppure dare al portatore di palla la sensazione di poterti beffare sul primo palo: Glielo scopri e lo guardi negli occhi...tutti sogniamo la gloria...anche se di un goal facile.
Saluto ancora i pali prima della partita.

Peppone, Ida, Alessio, Orto, Luca, Vale, Drugà, Augusto, Borchiellini, Angioletto, L'Inglese, Mimmo, Giulié, Genny, Nicola, Nino...